Un thriller tra mafia e antiche sette

Lo scrittore bassanese Luigi Spagnol e “La signora della notte”, cercando una via italiana al successo di Dan Brown

Autore di fiction tv dice: «Non possiamo competere con gli anglosassoni, ma differenziarci nel tono»

La coppia è davvero strana, da un lato un cinico boss della Sacra Corona Unita alla disperata ricerca della figlia scomparsa, dall’altro uno spaventatissimo docente di storia delle religioni che non vede l’ora di sparire dalla circolazione. Non potrebbero essere più diversi, eppure le loro strade si intrecciano casualmente e finiscono per convergere in una tormentata caccia che li porterà in giro per il Mediterraneo, da Roma a Nazareth e Beirut, sfuggendo ai fanatici di una antica setta dominata da una crudele “Signora della notte”. Luigi Spagnol sospira divertito, il richiamo al «filone Dan Brown» e ai suoi “Angeli e Demoni” è dichiarato, ma “La Signora della notte” (Piemme,19.50 euro), debutto nel romanzo di questo sceneggiatore tv nato a Bassano ma ormai trapiantato a Roma, va oltre gli echi fantasy del bestseller americano. «La differenza sostanziale sta nel tono – precisa Spagnol, che ha firmato fiction come “Carabinieri”, “Linda e il brigadiere”, “Il bello delle donne”, “Caterina e le sue figlie” – Noi non possiamo competere né imitare il thriller di scuola anglosassone o nordeuropea. Possiamo differenziarci solo nel tono, e nel mio caso è ironico e leggero.»

Un boss mafioso e un professore, strana coppia di protagonisti.
«Sì. Decisamente insolita. La loro amicizia comincia in modo molto contrastato e poi si sviluppa positivamente. Non ho rinunciato alla costruzione di un plot forte, con azione e ritmo incalzante. Ma l’originalità, a mio avviso, sta proprio nel tono. Che cresce attraverso i personaggi: non sono eroi, né investigatori professionisti o esperti in medicina legale, ma con intelligenza, tenacia, un po’ di fortuna e una buona dose di istinto di conservazione riescono a risolvere i misteri che affiorano in questo doppio complotto internazionale.»

È l’inizio di una saga?
«Può darsi: la coppia, mi pare, funziona, e il finale è un po’ sospeso. Potrebbero esserci ulteriori sviluppi.»

Da vero sceneggiatore…
«Il mestiere te lo trascini sempre dietro. La storia di “La Signora della notte” è molto elaborata, con tanti colpi di scena. Non mi sono risparmiato niente. Ma io amo molto anche la commedia. La nostra tradizione culturale si basa sulla commedia cinematografica, e dovremmo farci i conti.»

Che gialli ama leggere?
«Spesso non riesco ad appassionarmi al thriller anglosassone, a meno che non sia animato da personaggi che mi incantano. E incantano i personaggi complessi, con fragilità e contraddizioni. Ecco allora che di un eroe come Robert Langdon di Dan Brown non me ne importa nulla. Credo che i gialli sarebbero meno interessanti senza le brume di Simenon, senza i perfetti meccanismi narrativi di Agatha Christie, anche senza Hannibal Lecter.»

Tra gli italiani chi le piace?
«Mi piacciono De Cataldo, Lucarelli, Camilleri, Carlotto. Baldini è il mio preferito, perché riesce ad abbinare indagine antropologica e realismo fantastico, combinazione magnifica. Certo, accanto a tono e personaggio, anche la scrittura è importante. Ecco, senza questi elementi, non c’è un buon romanzo popolare.»

Questo vale anche per la fiction italiana?
«Quando scrivo un romanzo, sono io che rispondo di ciò che appare in pagina. Per la fiction, invece, sono l’ultima ruota del carro: lo sceneggiatore lavora a servizio di molte altre persone. Insomma, è un operaio specializzato. In più, per la tv, decidono più voci, e con un gusto che non è necessariamente il tuo. Quindi ti adatti e cerchi di fare al meglio.»

E lei che vede in tv?
«Un po’ di tutto. Spesso mi guardo i canali Fox e Sky. Mi è piaciuta molto la serie tv di Infascelli con Fabrizio Bentivoglio, “Nel nome del male”, una delle migliori uscite da poco. Anche “Non pensarci” è molto carina. Buono “Romanzo Criminale”, all’inizio ero perplesso, poi sono rimasto per la drammaturgia e la scelta degli attori. Un eccellente prodotto.»

Nell’ambito della tv generalista, secondo lei, si possono creare fiction innovative come queste o, ad esempio, come “Lost”?
«Non credo. I nostri tentavi di affrontare mistero e paranormale sono molto più cauti. Perché il pubblico non è abituato. A volte i problemi sono anche le facce: a certe non credi, anche al di là capacità recitative.»

Cosa l’ha spinta da Bassano a Roma?
«Mah, non sapevo che fare (risata). Adesso, dopo tanti anni di scrittura, mi sto buttando anche nella regia. Ho fatto un film, autoprodotto, “Schiuma d’onda”, ha pure vinto un premio e sto cercando di vendere all’estero. Poi ho realizzato un adattamento della “Metamorfosi” di Kafka, “La notte dei sogni inquieti”, quella in cui Gregorio Samsa si trasforma in scarafaggio. Ora in ballo c’è la collaborazione con Art’è per un film sulla “Metamorfosi”. La mia vita è un laboratorio aperto… Nel frattempo, ho pure scritto tre testi per il teatro, tra cui “La lavatrice” portata in scena da Maddalena Crippa.»

Chiara Pavan
Il Gazzettino
6 luglio 2009

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